Cosa farà Gesù in questo caso?
Prima di tutto, mostrerà una grande capacità nel fare una diagnosi intuitiva.
Se vivete in stato di grazia con Dio ed avete amore nei vostri cuori, riuscirete anche voi a fare qualcosa del genere.
Solitamente non occorre che una madre legga qualche libro di medicina per scoprire il motivo per cui il suo bimbo non sta bene.
Nove volte su dieci lo intuisce e la decima consulterà il libro solo per avere conferma di ciò che sa già.
La diagnosi intuitiva è un metodo che proviene dall’amore; è quindi un metodo che proviene da Dio.
Dal momento che Gesù era pieno di amore divino, aveva questa capacità e non doveva consultare libri di medicina.
Conosceva senza dover far domande perciò, nel caso del paralitico, sapeva che le condizioni dell’uomo erano causate dai suoi peccati.
Di che tipo fossero i peccati non ci viene detto.
Comunque, in questo racconto possiamo seguire come venga fatta la diagnosi e quindi la terapia.
Gesù, diagnosticata la causa, intuì subito come procedere con la terapia.
Per Colui che sapeva leggere nel cuore delle persone la cura più adatta era implicita nella malattia.
La maggior parte delle malattie sono dovute alla carenza di qualcosa.
Possono persino derivare da una carenza d’amore o di fede.
Pertanto, come terapeuti, dovrete fornire qualcosa di positivo che annulli il negativo, sapere quanto e cosa offrire.
Se, ad esempio, poteste misurare le carenze in una persona, e ne trovaste una che ha meno cinque in amore e fede, voi dovreste offrirle più di cinque in fede ed amore.
Se la carenza fosse meno di quattordici, voi dovreste dare più di quattordici. Gesù lo fece, si accorse infatti che quest’uomo aveva estrema necessità di sentirsi perdonato.
Non ci viene detto se l’uomo si confessò, sappiamo solo che Gesù parlò a quest’uomo offrendogli la parola che consola; la parola di remissione dei peccati; la parola della ragione e la parola di potenza.
Consideriamole nei dettagli.
LA PAROLA DI CONSOLAZIONE
Generalmente usiamo la parola “consolazione” per indicare un’espressione di solidarietà, ma questo non è affatto il suo significato.
Significa letteralmente “dare forza”.
Pertanto, la traduzione corretta delle parole di Gesù potrebbe essere “Abbi coraggio!”.
Può anche accadere che qualcuno si ammali mentalmente per mancanza di incoraggiamento.
E lo stesso motivo può anche generare un complesso di colpa.
Vi sono delle persone che ritengono di non avere alcun valore perché nessuno ha mai riconosciuto le loro buone qualità.
Noi dovremmo sempre accettare con entusiasmo ogni opportunità di dare incoraggiamento.
La parola ‘incoraggiare’ ha la sua radice nella parola francese “coeur” che indica il cuore.
Pertanto incoraggiare significa veramente rincuorare.
Nella Versione Ufficiale inglese, riveduta e corretta del Vangelo di S. Matteo, leggiamo che le prime parole dette da Gesù al paralitico furono: “Fatti coraggio (Letteralmente in inglese ‘Su col cuore,
figlio mio’), non devi più preoccuparti.
Ti sono perdonati i tuoi peccati”.
Queste parole, proveniendo dalle labbra di Gesù, avevano l’autorità di Dio stesso, e l’uomo lo riconobbe intuitivamente, sebbene non potesse sapere chi fosse Gesù.
Anche se voi non siete dei terapeuti, potete comunque aiutare i sofferenti dicendo loro qualche parola di “consolazione” e donar loro un po’ di “buon umore” nel senso più elevato del termine.
Se avete l’amore del Cristo nella vostra vita, imparate a diffonderlo attorno a voi e a renderlo accessibile agli altri.
Potreste offrire un’espressione di incoraggiamento del tipo: “Coraggio, su col morale!”, e risvegliare un po’ di coraggio in chi l’ha perduto.
LA PAROLA DI LIBERAZIONE Sapete?, vi è un valido motivo per essere di buonumore: i nostri peccati ci sono stati perdonati!.
“Ma, direte voi, non abbiamo alcuna prova che ci siano davvero stati perdonati!”
Scusate un attimo, volete o non volete che vi siano stati perdonati?, eppure il Cristo è venuto proprio per togliere i peccati dal mondo.
A tal riguardo ascoltiamo Giovanni il Battista che afferma: “Ecco l’Agnello di Dio; colui che toglie i peccati del mondo” (Giovanni, 1:29).
Sono profondamente convinto che Gesù fece a tal proposito qualcosa di cosmico, qualcosa di definitivo, qualcosa di reale, per mezzo del quale i nostri peccati sono stati davvero perdonati.
In altre parole, Gesù ci ha messo a disposizione un conto a credito, dal quale possiamo prelevare il perdono delle nostre colpe, mediante un semplice atto di fede e umiltà.
Arriva un momento per le persone malate, in modo speciale quelle disturbate mentalmente o/e emozionalmente, in cui è necessario che arrivi qualcuno a pronunciare una “parola autorevole di
perdono”; una parola che penetri nel loro subconscio e le convinca che lo stato di schiavitù nel quale erano tenute, e che forse aveva causato la loro malattia, è stato spezzato.
Vi sono diversi modi per esprimere questa parola.
Ne troviamo uno nelle istruzioni della vecchia Classe Metodista, e un altro notevole nel Gruppo di Oxford, che viene talvolta riferito come “chirurgia dell’anima”.
Anche la Chiesa Romana Cattolica ha il suo modo, così come il moderno Movimento Evangelista che ne ha uno che talvolta appare piuttosto drastico.
Liberare una persona dai peccati significa liberarla dalla malattia.
Comunque l’argomento trattato è sempre lo stesso.
Si tratta di liberare le persone dai loro peccati, e se riuscite a liberare una persona dai peccati risulterà anche facile liberarla dalla malattia.
È perciò di vitale importanza imparare a pronunciare un’autorevole “parola di remissione dei peccati”.
Personalmente non penso che queste parole: “Ti sono rimessi i tuoi peccati” debbano limitarsi ai sacerdoti.
Chiunque abbia lo spirito di Gesù, e agisca senza interessi ed amorevolmente preoccupato per il benessere di un’altra persona, può utilizzare questa espressione.
Queste parole, però, vanno pronunciate al momento giusto e nelle giuste condizioni, quando il paziente è pronto e la sua mente è ben disposta.
A volte si può togliere dal cuore di una persona, che sia mentalmente o emozionalmente malata, un
insopportabile fardello offrendole la remissione e la liberazione dei suoi peccati utilizzando le validissime parole usate da Gesù.
Ma chi siamo noi per poter pronunciare tali parole? Gesù diede questo preciso compito ai suoi seguaci prima di salire al Cielo.
Alcuni possono pensare che si limitasse agli Apostoli, ma su questo non siamo sicuramente informati.
Si può facilmente credere che Egli ne faccia ancora dono a tutti coloro che lo seguono
sinceramente.
Disse infatti: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi.
E mentre lo diceva alitò su di loro, e disse ancora: Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi” (Giovanni, 20:21-23).
Questo vuol dire che, se voi perdonate di tutto cuore i peccati a qualcuno, gli saranno perdonati.
San Giacomo si riferiva a questa promessa quando, nel quinto capitolo della sua epistola, scrisse:
“Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa, e chieda loro che preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore.
E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo risolleverà e, se ha commesso qualche peccato, gli sarà perdonato.
Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri, e pregate gli uni per gli altri per essere guariti.
Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza” (Giacomo, 5:14-16).
Anche nella prima lettera di Giovanni leggiamo: “Se riconosciamo i nostri peccati, Egli che è fedele e giusto, ce li perdonerà e ci purificherà da ogni colpa”.
La Chiesa ha il compito di insegnare nella sua dottrina l’importanza della remissione dei peccati.
Nel nome di Dio noi tutti siamo sia re che sacerdoti, abbiamo tutta l’autorità per parlare nel suo Nome.
Pertanto dobbiamo essere sempre pronti, come ministri di Dio oppure come laici dedicati a Dio, a pronunciare le parole:
“Ti sono rimessi i tuoi peccati” (Luca, 5:23; Marco, 2:5).
Questo mondo sta languendo per mancanza di assoluzione, per mancanza di sicurezza nell’efficacia del perdono.
L’unica cosa che è alla base dei desideri di quasi tutti gli esseri umani è la remissione dei peccati e, in particolare, una cura per il complesso di colpa.
Vi sono delle persone che stanno spendendo un capitale in psicoterapia, per poter eliminare il complesso di colpa che si è instaurato nella loro mente e nel loro cuore.
Gesù diede ai suoi seguaci non solo l’autorità di curare le malattie, ma anche quella di liberare i colpevoli dal gravame dei loro peccati.
Gesù liberava le persone e disse ai suoi discepoli, in modo molto esplicito di fare altrettanto.
Assoluzione e guarigione, infatti, vanno di pari passo.
Egli donò loro lo Spirito Santo, come prerequisito indispensabile per poter concedere l’assoluzione.
Questo è un potere che può compiere molte cose.
La Chiesa ha giustamente dedotto che qualsiasi cosa Gesù diede ai discepoli, fu data alla Chiesa per sempre, ed io credo che ciò sia veritiero.
Personalmente, ho portato la parola del “perdono” nei luoghi più svariati: ospedali, prigioni, ospedali psichiatrici, in situazioni normali ed in situazioni anormali.
Ciò fa certamente parte dei compiti di un sacerdote e dovrebbe essere di competenza del pastore locale.
Con essa egli ha una meravigliosa opportunità di liberare le persone dai legami con i loro peccati e persino iniziare un processo di guarigione nella mente e nell’anima di molti sofferenti.
Tra le mie esperienze personali se ne trova una piuttosto unica, si tratta di una donna canadese che fu guarita dal cancro dopo aver ricevuto l’assoluzione dei suoi peccati.
Si tratta di un caso specifico, infatti ella era convinta che il suo male fosse conseguenza di alcuni peccati della sua vita.
Era una convinzione profonda.
Un sabato sera, in chiesa, aveva udito Dio dirle che, se voleva guarire, avrebbe dovuto liberarsi da quei peccati.
Lo fece e fu guarita.
Leggendo questo fatto vi prego di non generalizzare, non sempre il cancro è dovuto ad un peccato specifico del malato.
Si può dire che tale malattia ha probabilmente la sua origine in una “colpa”, o meglio in un “disordine” che si trova da qualche parte.
Può infatti avere un gran numero di cause: nel passato, ereditato, o dipendere
dall’alimentazione, dall’ambiente o da altre cause. Talvolta, comunque, dipende proprio da un peccato e, se ciò risulta vero, quando il paziente si libera dal peccato, si libera anche dalla malattia.
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