L’ossigeno ozonoterapia è una terapia ossidativa che utilizza la miscela di gas ossigeno ozono per il trattamento di numerose patologie, in particolare per patologie da stress ossidativo cronico.
Esistono diverse modalità di somministrazione dell’ozono in terapia:
intradiscale, intramuscolare, intrarticolare, grande autoemoterapia ozonizzata, autoemoterapia ozonizzata topica, olio ozonizzato, acqua ozonizzata.
Il meccanismo di azione dell’ozono nell’organismo umano è stato ampiamente documentato e riportato nella letteratura scientifica. In breve,
a contatto con i liquidi biologici l’ozono si decompone immediatamente e genera mediatori biochimici che, attraverso l’attivazione intracitoplasmatica di fattori di trascrizione, inducono,
una volta nel nucleo cellulare, la produzione genica di sostanze antiossidanti, antinfiammatorie e immunoregolatrici.
Sono costituite in Italia due società scientifiche di settore, la SIOOT (Società Italiana di Ossigeno Ozonoterapia) e la FIO (Federazione Italiana di Ozonoterapia).
Quest’ultima ha recentemente pubblicato le Linee guida per l’utilizzo dell’ozono in terapia (disponibili online al sito www.nuovafio.it).
Dalla lettura di tale documentazione è possibile affermare che:
Sull’ossigeno poliatomico liquido (OPL), oggetto della richiesta che è stata fatta all’OTGC come “terapia ossidativa”, non sono state riscontrate pubblicazioni scientifiche ove siano riportati esattamente la composizione chimica, il meccanismo di azione, le modalità di somministrazione con uno schema terapeutico completo, le indicazioni e le controindicazioni di tale terapia.
Le notizie a nostra disposizione sono fornite dalla Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) presentata dall’Istituto Internazionale Barco SRL, al Comune di Livorno in data 27.12.2016, dove si legge che viene svolta attività di “terapie ossidative” in maniera esclusiva, in studio medico attrezzato per erogare prestazioni di chirurgia “ambulatoriale” rispettando i requisiti di cui all’allegato C del Regolamento attuazione L.R. 51/2009 previsti per “prestazioni diagnostiche e terapeutiche a minore invasività” e in particolare per l’effettuazione di “iniezioni di sostanze terapeutiche ad azione locale nei tessuti molli”.
Dalla documentazione allegata dallo stesso Istituto Internazionale Barco, “Descrizione dell’attività terapia con ossigeno poliatomico liquido (OPL)”, emerge che “il metodo consiste in una somministrazione parenterale di una miscela acquosa dove l’acqua per soluzioni iniettabili svolge funzioni di solvente per una miscela allotropica dell’ossigeno in fase gassosa, ottenuta attraverso un generatore di ozono e che la somministrazione di OPL è di tipo endovenoso e in alcuni casi intramuscolare”.
È evidente che la somministrazione di OPL per via endovenosa, prevista dalla descrizione della “attività di terapia con ossigeno poliatomico liquido” contenuta nella Segnalazione Certificata di Inizio Attività, non rientra nella definizione delle “prestazioni diagnostiche e terapeutiche a minore invasività” (ai sensi del già citato Regolamento regionale 17 novembre 2016, n. 79/R, di attuazione della L.R. 51/2009) le quali, infatti, prevedono solamente “iniezioni di sostanze terapeutiche ad azione locale nei tessuti molli” e non l’iniezione per via endovenosa.
Occorre, inoltre, osservare che l’unione tra ossigeno allotropico e l’acqua per preparazioni iniettabili, risultando una soluzione ipotonica rispetto al plasma, può causare emolisi soprattutto se somministrata in quantità elevata.
Non vengono indicati i passaggi biochimici relativi alla formazione dei mediatori, alla loro interazione con il sangue e soprattutto non sono specificati la modalità chimica di propagazione dell’anione superossido (lo “sciame ionico” non rientra negli step biochimici finora conosciuti) ed i relativi effetti in termini di efficacia terapeutica e/o di eventi avversi. Manca inoltre il protocollo terapeutico con lo schema di somministrazione della terapia.
Conclusioni:
Da quanto precedentemente riportato, si ritiene che :
Ciò in coerenza, anche, con la circolare del Ministero della Salute 20 gennaio 2005, con i pareri precedentemente espressi dal Consiglio Sanitario Regionale (31/2006, 10/2007 e 67/2015) e con i principi dell’etica medica che disciplinano l’esercizio professionale del medico chirurgo, in particolare espressi negli articoli 1 e 13 del Codice di Deontologia Medica (aggiornato al dicembre 2017) in cui, fra l’altro, si afferma:
“La prescrizione deve fondarsi sulle evidenze scientifiche disponibili (…) e sul rispetto dei principi di efficacia clinica, di sicurezza e di appropriatezza.
Il medico tiene conto delle linee guida diagnostico-terapeutiche accreditate da fonti autorevoli e indipendenti quali raccomandazioni e ne valuta l’applicabilità al caso specifico.
Il medico è tenuto a un’adeguata conoscenza della natura e degli effetti dei farmaci prescritti, delle loro indicazioni, controindicazioni, interazioni e reazioni individuali prevedibili (…).
Il medico non adotta né diffonde pratiche diagnostiche o terapeutiche delle quali non è resa disponibile idonea documentazione scientifica e clinica valutabile dalla comunità professionale e dall’Autorità competente”.
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